Il secondo brano che presento in questa rubrica è un pretesto per consigliare un libro di una giornalista che amo molto, Concita De Gregorio. Nel suo Malamore parla de “Le donne, i loro uomini e la violenza“. Le poche righe che seguono sono tratte dal capitolo La mala educaciòn.
Concita De Gregorio. Malamore. Esercizi di resistenza al dolore. Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, 2012
Sono a disagio anche sul treno – intetcity Roma-Milano, seconda classe, scompartimento pieno – perché la madre di questo ventenne con le cuffie dell’i-pod seduto a gambe larghe accanto a me sta in piedi fuori per cinque ore ininterrotte – lei, la madre, in piedi -, non si scambiano una parola per tutto il viaggio, quando passa il carrello delle bibite lui le fa cenno di comprargli una coca light, gliela indica col mento, lei la compra, gliela porge guardandolo estasiata, sorride agli altri passeggeri, cioè anche a me, con l’aria di dire: sono ragazzi, che volete; quando scendono lei porta tutte e due le valige, lui solo il suo zainetto semivuoto su una spalla sola, annoiato. Lei gli parla, lui non le risponde. Lei arranca, lui la ignora.
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Passo triste.
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Concordo.
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È un passo così triste.
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Sapessi quante ne conosco di mamme così… senza generalizzare ho l’impressione che il numero aumenti tra le mamme di figli unici e soprattutto maschi. Non che io non veda le responsabilità dei figli ma la sudditanza e l’adorazione generano mostri.
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Credo sia una concomitanza di fattori, ma certo si parte dall’esempio e dall’educazione
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Altro che disagio! Non si sa se sia più la voglia di scuotere il figlio o dare una svegliata alla madre…
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Forse per la madre è tardi. Il figlio se la vedrà con chi gli vivrà accanto in futuro
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Malamore è il libro preferito di mia moglie e anch’io ci sono molto legato.
Uno dei messaggi più forti del libro (e anche di questo passo) è che la vittoria del femminismo può passare solo attraverso l’educazione dei figli maschi.
L’unica cosa che contesto a Concita è che lei stessa cade nel tranello, affibiandotra le righe questo compito alle madri (e i padri dove stanno?)
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E hai ragione, Marco. I padri con l’esempio, devono essere e sentirsi coinvolti, ma credo che la De Gregorio volesse porre l’accento sul fatto che le stesse donne che subiscono, crescono figli maschi che faranno subire ad altre donne. Poi un padre deve essere consapevole di questa responsabilità e non lui stesso “violento”, sessista, possessivo, maschilista… Più facile rivolgersi alle donne. E lo so che ci sono anche uomini come te, ma vi si conta, credimi.
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