Il brano che presento oggi mi è stato segnalato da un amico tranquillo. Non è tanto per i treni che mi ha colpito e nemmeno per un facile campanilismo. L’ho trovato precisamente vero. Grazie a True Grit per il suggerimento.
Paolo Nori. Pubblici Discorsi. Quodlibet, collana Compagnia Extra, 2008.
A me la vendetta, io farò ragione, e a me verrebbe da dire Bravo, fai ragione, e poi, quando hai fatto ragione, sei poi contento? mi verrebbe da chiedere a Tolstoj se fosse in questo finale, il senso del libro, ma non è i questo finale, il senso del libro, il senso del libro è in qualcos’altro che ha una natura che non la si può descrivere, si può solo essere contenti quando, come è successo a me, si ha la fortuna di rileggerlo, questo libro, e anche Guerra e pace, io l-anno scorso ho avuto la fortuna di rileggere Guerra e pace perché dovevo scriverne la quarta di copertina per una ristampa, è stato il lavoro che mi hanno pagato peggio di tutti i lavori che ho fatto nella mia vita, ci ho fatto i conti: un euro e mezzo scarsi all’ora, cirace, e è stata una gran fortuna, rileggere ancora Guerra e pace, e l’ho riletto prevalentemente su dei treni regionali delle yratte Bologna-Parma e Parma-Bologna, e rileggerlo su dei treni emiliani, Guerra e pace, veramente, è una meraviglia.
Perché la Russia e l’Emilia, non c’è niente da fare, ogni volta che ti viene in mente la Russia subito dopo salta fuori l’Emilia, e viceversa, come dimostra questo pezzetto che fa parte di un romanzo che si chiama Spinoza che è una lettera che ho mndato una volta a un editore che mi scuserete se mi permetto di metterla adesso qua sotto e di chiudere con lei questo discorso che è un discorso di una lunghezza che io di così lunghi non ne avevo mai fatti e probabilmente non ne farò mai più nella mia vita.
Dopo gli mandavo le fotografie, all’editore e con le fotografie gli mandavo una lettera che gli parlavo della mia proposta.
Ho ripensato poi all’idea che ti avevo accennato, gli dicevo, una raccolta di racconti di scrittori emiliano-romagnoli. Il titolo, Allegri e disperati, significa nella mia testa un ragionamento che è cominciato da una frase di Gogol’. nella mia testa c’è questa frase di Gogol’ che gira e dice più o meno Non avete provato anche voi quella sensazione di quando finisce la festa, che vi sembra che vi si stacchi la pelle di dosso? Questa sensazione di cui parl Gogol’, che la pelle ti si stacca di dosso dopo la festa, è secondo me tipica della nostra terra, dove il carattere gioviale della gente convive con una discrezione che impedisce di manifestare in pubblico i propri sentimenti e i propri affetti. Allora il momento della disperazione è un momento solitario. Non ci sono, da noi, e non potrebbero esserci, scrivevo, quelle donne che in Sicilia sono pagate pre piangere ai funerali. Noi affrontiamo il mondo come se fossimo tutti d’un pezzo, con una dignità e una coerenza che ci hanno insegnato che vanno bene. E quando crolliamo, che crolliamo, corlliamo da soli, dentro le stanze. E uno che viene da fuori non lo direbbe mai, a vederci che teniamo su una compagnia di trenta persone e beviamo lambrusco e diciamo cazzate, non lo direbbe mai che diamo i pugni al muro, quando torniamo a casa.
[pp. 235-236]
Bellissimo. E lo dico perché gli emiliani li ho conosciuti. Durante una vacanza “assurda” a Reggio Emilia (inutile dire quanto proprio gli emiliani ci prendessero in giro, il mio compagno ed io, per essere in vacanza a Reggio…). Ma il mio compagno voleva riscoprire parte delle sue radici, che attecchivano a San Martino in Rio, e così siamo partiti… E’ stata una vacanza incredibile.
Buona domenica 🙂
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In effetti, sarà che ci lavoro, ma io non ci andrei in vacanza a RE. Mi sembra però che le motivazioni siano ottime
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Analogie interessanti che effettivamente sfuggono a chi non conosce bene gli autoctoni.
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Sì, effettivamene aiuta conoscere qualche emiliano 🙂
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Sì va be’, ma ti sei ricreduta sulla necessità di una vacanza a Reggio Emilia?
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No :-). Una gita di un giorno però vale la pena. Ma io Reggio la vivo tutti i giorni
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