Se ne sta sulla banchina, mestamente appoggiato al cartello degli orari ferroviari. Lo riconosco nonostante i trent’anni passati. Ha l’aria trasandata, la giacca troppo larga, i pantaloni cadenti, ma stretti sulla pancia gonfia. I capelli della stessa lunghezza della barba incolta. Non troppo lunghi come capelli, ma abbastanza come barba. Mastica un chewingum a bocca aperta e lo tormenta poi con le mani ricacciandolo in bocca avidamente. Si porta dalla nascita un gioco di assonanza tra nome e cognome che dev’essere sembrato divertente ai suoi genitori, ma che di certo lo ha segnato da bambino. E bambini lo siamo stati assieme, forse lui poco più grande. Giocavamo in gruppo nelle stesse strade del quartiere, ma lui era “uno strano”, un po’ al margine. Con ragnatele disegnate sulle mani, sosteneva di essere l’uomo ragno con convinzione tale da uscire dalla sfera del gioco e suscitare lo scherno di noi compagni. Lo si metteva a dura prova chiedendogli dettagli sulle ragnatele, soprattutto quando aveva le mani pulite, ma lui aveva sempre una risposta. E forse era quella coerenza, quel non mollare mai il suo personaggio a suscitarmi un senso di rispetto. Non mi sono mai chiesta che fine avesse fatto, non l’ho mai cercato, nemmeno ho chiesto di lui.
Sul treno lui mi passa accanto e glielo leggo in faccia che mi riconosce. Non si ferma, non saluta, io nemmeno. Forse è imbarazzo il mio, forse pudore: è difficile guardare nudo un supereroe.
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Un pezzo dolente di rara malinconia. Bello.
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mesta malinconia. Grazie
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A volte ritrovare il proprio passato è fonte di malinconia…
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Succede, sì
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uh che bellezza triste.
(all’inizio della lettura pensavo che il post fosse ironico e stessi descrivendo vannoni…) 🙄
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Devo ripensare i miei incipit 🙂
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Conosco la situazione, una cosa simile è capitata anche a me…un racconto toccante e molto coinvolgente!
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Capita di rivedere il passato e trovarlo in pessimo stato. Chissà che avrà pensato lui di me :-¦
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… la laaaaa.. hanno ucciso l’uomo ragno chi sia stato non si sa…..
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😦
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Commento appropriato
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E’ triste quell’ignorarsi nonostante essersi riconosciuti. Credo sia capitato a tutti almeno una volta. chissà perché lascia una certa amarezza.
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E’ vero. Forse non ci si vuole vedere cambiati, forse non si vuole riesumare il passato, forse ci si vergogna, forse tutto questo assieme. O solo pigrizia?
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Forse è un po’ tutto. Ognuno avrà le proprie motivazioni. Almeno mi piace pensarlo. Perché credo che a volte motivazioni vere non ce ne siano.
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Wow, che bel finale. E che bel racconto d’infanzia…
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Non ci pensavo più da un secolo. Grazie
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