A un chilometro dalla stazione, il treno ancora in accellerata, un mormorio d’allarme si alza tra i pendolari:
Ma cosa fa?
Dove va?
Ha cambiato strada?
Ho sbagliato treno?
L’altra notte, l’ultimo convoglio ha percorso la solita linea, quella che tagliava la periferia, da anni ormai città e già si sta pensando alla riqualificazione, a togliere i binari, aprire strade, magari ciclabili. Tratta nuova.
Niente libro, tablet, cellulare. Oggi guardo fuori. Strade e case e paesaggi conosciuti cambiano posizione e il finestrino riquadra tutto da una nuova prospettiva, mette alla prova il senso dell’orientamento:
il cimitero di Aldo Rossi non mi da più le spalle, il Ponte Alto degli Estense ora sta in basso, i laghetti che prosciugano per farne l’arena alla Festa del partito non si vedevano prima e la chiesa con il cimitero la conosco, eppure non dovrebbe essere lì…
Poi la campagna dov’è nata mia madre e improvvise le barriere anti rumore tappano il paesaggio come un ceffone inaspettato di un’imposta sbattuta dal vento. Un furto d’orizzonte, che noi viaggiatori della bassa velocità mica sempre lo guardiamo il paesaggio, ma lo intuiamo con la vista periferica, in strisce in movimento che abbiamo imparato a identificare come campi, frutteti, caseggiati…
E si scende con andatura incerta e sotterranea prosegue la corsa ed è asfissiante. Il treno passa sotto la via Emilia, cerniera divisoria del territorio e riemergendo se ne sta dal lato opposto, o mi pare, forse, son confusa. No, ecco, lontana, dalla parte opposta al solito, le torre del centro commerciale. Poi motrici gialli, ferme, da lavoro, pantano tra binari in costruzione o di servizio, o abbandonati o sbagliati, deserti e una piccola nuova stazione in mezzo al nulla e la campagna, un silos mai visto, stalle, strade e ed è sparita la villa liberty nel bosco, il cavalcavia delle prostitute, no, ecco, ci siamo ora… ma che giro ha fatto per arrivare qui? Il fiume, ci passiamo sopra, come sempre e stop!
Stazione.
Quella prima della mia.
E siamo solo qui?
Tutto più lento.
Ecco, riprendiamo i soliti binari. Un sospiro collettivo di sollievo alleggerisce i vagoni. Viaggiamo più spediti. Strade e case al loro posto tranquillizzano. Si distendono i visi, si rilassano i corpi, si riprendono le solite attività. Si arriva e non ci si pensa più che il lavoro chiama.
È nel viaggio di ritorno che riguardo fuori, ma con più attenzione per ridisegnare una mappa dei luoghi, un itinerario da ricostruire, rendere amico, famigliare. Ci vorrà tempo. Intanto mi avvicino alla stazione e superata la campagna guardo una nuova periferia che è sempre quella, ma girata, inclinata, ruotata. E improvvisamente mi appare brutta, come certo è sempre stata, ma come i vecchi mobili di riciclo della casa, ti ci affezioni, li guardi con l’affetto del tempo e solo un cambiamento, anche leggero, te li mostra per quello che sono: da buttare. Ma mica la puoi riarredare una periferia.
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chi è salito sul treno
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Molto belle le tue riflessioni, Pendolante:
sia quella a parole di un viaggio un pochino diverso dal solito e quella …..sul finestrino. 🙂
Buona giornata, ti mando un sorriso
Ondina
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Grazie Ondina. Ricambio il sorriso
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è stato un bel diversivo però, o no?
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Sì, lo è ancora. Peccato che il treno si debba ancora “adattare” alla nuova tratta e ogni giorno ci si ferma in mezzo accumulando ritardo
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Quando ti spostano la città e quello che era di qua finisce di là non è mica bello. Ci vuole del tempo per abituarsi.
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Destabilizza lo spostamento della città
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Bella riflessione / descrizione .
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Che fan rima con stazione… Scusa, non ho resistito 😉
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Ill punto è che noi siamo esseri abitudinari e ci costruiamo delle piccole certezze. Sai che i manuali di cicloturismo suggeriscono, quando non è possibile mutare itinerari, di percorrerlo in senso inverso? Ho fatto l’esperimento con mio marito all’interno del Parco di Monza ed è efficacissimo: sembra proprio di essere in tutt’altri luoghi. Per altro io non farei testo vosto il mio senso dell’orientamento 😉
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Il senso dell’orientamento salva, hai ragione. In effetti fare al contrario la solita strada è un buon esercizio
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Solo una parola: wOw !!
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Una bella parola 😉
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come dire: fra la mia emilia e il west diventa fra la via emilia e l’oriente, no? 😉
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🙂 Esatto!
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Oggi mi è sembrato di essere su quel treno con te, con un panorama che cambia e poi d’improvviso torna ad essere famigliare, quando si riprende il vecchio percorso. Bello e molto evocativo questo tuo racconto cara!
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Grazie Miss
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Bellissimo, mi è piaciuto un sacco. La prima parte più intorcigliata, in cui si fatica a raccapezzarsi come voi sul treno, e la seconda più distesa e serena come la vostra ritrovata tranquillità. Bella la periferia “girata, inclinata, ruotata”: sarebbe piaciuta a Calvino. Bello anche il finale. Insomma: bello un po’ tutto 🙂
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Bello il tuo commento. Grazie
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