Quel pomeriggio di un viaggio da cani

Una moltitudine umana davanti alla stazione. Binari vuoti di convogli e di persone. Tutti cancellati i treni. Problemi, non meglio identificati alla stazione precedente. Niente binario di sorpasso da poter sfruttare che l’Italia è un budello stretto e rotaie in più non ce ne stanno. L’avviso di “autobus sostitutivi sul piazzale” mi chiarisce l’insolita folla. Piove. Un arcobaleno di ombrelli. Un silenzio irreale. Quando la prima corriera si affaccia sulla rotatoria, un’immaginario Gladiatore, grida nella testa degli astanti: “E adesso, scatenate l’inferno!”
Mandrie imbufalite si gettano in strada e calpestando bagagli si parano davanti al muso del torpedone. L’autista si sbraccia inutilmente per farli spostare che mica ha parcheggiato ancora. Due donne capo treno allontano di pochi passi i viaggiatori e li istruiscono a fatica tra urla e spinte. Inghiottite dalla ressa, spuntano solo i due cappelli. Osservo la scena con alcuni resistenti, fermi al nostro posto, che è chiaro non ci staremo mai tutti e allora ‘ndo vai?!
S’innalzano cori da stadio, bestemmie, “cazzo spingi?”, imprecazioni in diverse lingue, esortazioni alla calma. Qualcuno urla: “Alighieri, il tuo inferno ci fa ‘na pippa!”
Ah, la cultura italica.
Il dramma si sfiora quando una ragazza sale col bagaglio. L’autista le intima di scendere e metterlo nel portabagagli. Quella si rifuta e nemmeno potrebbe che la ressa che la spinge in salita nemmeno le mandrie di gnu che attraversano il Serengeti.
Intanto altri due torpedoni si uniscono al primo. Inizia così una migrazione di stormi pendolari che all’unisono si spostano da una portiera all’altra sfoltendo e distribuendo la massa. Viene anche il
Il mio turno, e tra gomiti nelle reni e trolley sui piedi, mi guadagno un sedile. Il bus parte e imbocca la Via Emilia. Alla quarta rotonda in 200 metri dai sedili di coda un uomo si mette a cantare: “una rotonda sul mareeee”. Chilometri al rallentatore, poi si costeggia la ferrovia e gli imprecisati problemi che hanno causato questo esodo, si palesano improvvisamente: decine di uomini in giubotto arancione, forze dell’ordine, pompieri, occuppano la massicciata. Un convoglio fermo, la motrice sul ponte di ferro sul fiume Secchia. Il bus ammutolisce. Nessuno vorrebbe starsene lì sopra.
Il viaggio prosegue tranquillo. Suoni, voci, rumori, odori: gli stessi del treno, ma più fitti, più pressati, vicini. Meno spazio vitale. Molti stanno in piedi. Una ragazza lamenta perdita di sensibilità a una gamba, uno studente dichiara che svenendo, rimarrebbe comunque eretto. Il cantante di prima inizia a urlare che in discesa “ci sarà da divertirsi”, con i pendolari rimasti a piedi all’altra stazione che dovranno salire dove noi scenderemo. Immagino scene da concerto rock, con lanci di bagagli e passeggeri sulla folla. Ma per una volta l’organizzazione è perfetta: il torpedone ci lascia sul piazzale della stazione e raccoglierà gli altri sul retro. Li vedo sbucando dal sottopassaggio, dopo aver costeggiato binari pieni di treni vuoti. Mai visti tanti tutti assieme.
Solo a casa scoprirò la causa di quel caos: un merci ha invaso le rotaie e un regionale lo ha centrato, deragliando. Otto feriti, tutti lievi. Mi assale l’inquietudine, lo stupore incredulo dello scampato pericolo. E il viaggio in torpedone non è la cosa peggiore che possa capitare.

Scontro fra treni a Rubiera sulla linea Milano-Bologna: otto contusi
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Informazioni su Pendolante

Pendolo dal 14 dicembre 2004. Per fare 43 km mi accontento di un’ora e tre mezzi di trasporto. Sono e faccio molte cose, ma qui sono solo una Pendolate. (Photos by Filippo Maria Fabbri)
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25 risposte a Quel pomeriggio di un viaggio da cani

  1. vagoneidiota ha detto:

    Ancora meglio da qui, che del torpedone leggo e basta.
    Non so perché, ma ho visto Radamanto passare sopra le teste come un ragno. A decidere chi dei presenti dovesse svenire in piedi. E cercare, con il fiuto di Minosse e gli occhi di Eaco, il tizio della battuta sull’ Alighieri.
    Giusto per stringergli la mano, per carità. E, perché no, alitargli in volto la verità sui gironi.
    Mio pittore, grazie.
    Grazie per l’ennesima tela che ha il gusto di un Botticelli rinnovato.
    Da v. a v.
    Husky Feat Alyson Joyce – “Crazy Enough”

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  2. tiptoetoyourroom ha detto:

    Porca miseria… A me capitò a vent’anni di impiegare cinque ore per tornare da Torino a Milano per uno sciopero in Lombardia. Fino a Novara tutto bene; poi a Novara siamo scesi ed è iniziato, come tu dici, l’inferno. Un uomo ha letteralmente preso con forza e tirato giù una donna che stava salendo sul bus sostitutivo. Io non ci ho neanche provato a prendere quel pullman; me ne sono andata con altri alla stazione delle Nord ed ho preso un “omnibus” (le Nord li chiamavano ancora così a fine anni Novanta…) con cui lentamente sono arrivata a Milano Cadorna. Poi la metropolitana ed il mitico tram per arrivare al mio paesello.

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  3. Vitadapendolare ha detto:

    Che nervoso! Mi sembrava di esserci lì nel piazzale ad osservare la ressa per salire sul bus. Devo ammettere però che l’uomo che si è messo a cantare “una rotonda sul mareeee” mi ha strappato una bella risata! E come dici tu, un viaggio in bus non è la cosa peggiore che può capitare. Sono contenta di leggerti sana e salva! 😉

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  4. stravagaria ha detto:

    A Milano mi è capitato diverse volte di assistere a scene analoghe quando la metro veniva sospesa, purtroppo quasi sempre per un tentativo di suicidio. Pulmann sostitutivi e folla in ebollizione. Nel tuo caso tiriamo un sospiro di sollievo.

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  5. La verità è che ormai siamo alla frutta, siamo talmente stufi dei disservizi che non ci rendiamo più nemmeno conto che (a volte) un vero motivo per tutto questo caos c’è davvero, finché non ci si sbatte il muso almeno. Per fortuna non ci sono state conseguenze gravi a parte un caotico (e mi perdonerai, ma a leggerlo da fuori anche un po’ tragicomico) viaggio in autobus.

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    • Pendolante ha detto:

      Ti concedo il tragicomico Fabio, perché lo è stato (almeno a volercelo trovare il comico). L’annuncio di “cause imprecisate” subito ha fatto pensare alle solite scuse. Poi il fatto era grave, o avrebbe potuto esserlo molto di più.

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  6. sai che la cosa che più fatico a capire? che hai scoperto cosa fosse successo solo arrivata a casa la sera. un annuncio “causa incidente sulla linea che preclude la circolazione” non costerebbe nulla, e forse eviterebbe scenate di isteria collettiva.

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  7. Tratto d'unione ha detto:

    Meno male che non eri su quel treno!

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  8. tiZ ha detto:

    Da noi una frana crollò sulle rotaie bloccando la tratta per un paio di giorni, la cosa assurda, come diceva adp, è che nessuno dica nulla in tempo reale e si aspetti invano, fino a cedere a soluzioni più scomode.
    per fortuna è andato tutto bene .

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  9. Miss Fletcher ha detto:

    E no, davvero, il viaggio in torpedone non è cosa grave rispetto a ciò che è successo.
    Un abbraccio Katia, meno male che non eri su quel treno, anche solo di spaventarci ne facciamo a meno. Ciao cara.

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  10. Lisa Agosti ha detto:

    Che paura! Meno male che non eri su quel treno! Che bello se tutti si fossero messi a cantare “una rotonda sul mare”…

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