L’Avvelenata a casa sua era un inno di famiglia, da mano sul cuore. A tre anni già la cantava, storpiandone le parole che solo molto più tardi iniziarono ad avere un significato, e ancora dopo, le strofe, un senso compiuto. Di tutto il brano “mia madre non aveva poi sbagliato a dir che un laureato conta più d’un cantante” era quello che più lo aveva segnato. Una carriera scolastica impeccabile doveva portarlo a quell’unico risultato. E tra la commozione dei suoi genitori si era portato a casa una laurea in lettere moderne. “Il primo che ha studiato”. I guai erano iniziati dopo, con la ricerca di un lavoro in cui spendere quel pezzo di carta, la fatica di una vita, anche se breve, l’orgoglio suo e della famiglia. L’inutile tentativo di restare nell’ambiente universitario, i concorsi, i soliti lavori a termine, poco qualificati e poco pagati. Le sue certezze andavano in frantumi una dopo l’altra, ma lui continuava a cantare, anche se Guccini lo aveva abbandonato da un pezzo. E sentendolo cantare un amico gli disse di provare. C’erano le audizioni per uno di quei reality che promettono di lanciarti nel mondo discografico e lui ci era andato. Così, un tentativo come un altro.
Aveva superato la prima e poi la seconda audizione e si era ritrovato a crederci. Ma per le prime registrazioni televisive gli avevano chiesto un cambio di look e lui aveva abbandonato il maglioncino e il jeans stirato per qualcosa di più consono e si era trovato dentro abiti non suoi, ma comodi. Aveva passato indenne, una dopo l’altra, le eliminazioni e ora si avvicinava alla finale, sognando un incredibile futuro mai cercato. Perché forse, oggi, un cantante vale più di un laureato.
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chapeau.
p.s. l’incipit è vagamente autobiografico, per caso? 😛
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In realtà no. Quel mondo l’ho scoperto adolescente. Forse vale più per mia figlia, ma non è la stessa cosa. Altra generazione
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Reginetta dei telecomandi 😉
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🙂 Marco, ma io non ho il tuo bianconiglio
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Mi sa che hai ragione, ma anche gli chef non scherzano di questi tempi 😉
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In effetti, ma il look non era giusto 🙂
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Sembra proprio di vederlo, lo sguardo tagliato perso fuori dal finestrino, fra il “chi me l’ha fatto fare” e il “forse ce la farò”. Bel modo di costruire la storia 🙂
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Quello che mi ha colpito di questo ragazzo è stato proprio lo sguardo. Intelligente, attento, pensieroso.
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E mentre ti leggevo ho visualizzato un libro, parole e immagini, dal titolo Vite in Viaggio.
Eh, perché no? Sempre più brava Katia, complimenti.
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🙂 chissà… Grazie Miss
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Sicuramente vero, soprattutto per certe lauree! 🙂
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In effetti alcune sono più spendibili di altre…
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“Vite in viaggio” è la mia rubrica preferita ☺
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Grazie Marco. In fondo ogni pendolare s’immagina le vite degli altri
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Ma se io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, forse farei lo stesso. Mi piace far canzoni e bere vino, mi piace far casino e poi sono nato fesso.
Amo Guccini
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Siamo in due
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