Notte. Freddo, pozzanghere di pioggia caduta. Scarpe aperte sbagliate, giacca leggera sbagliata. Le indosso da stamattina. A volte il pendolarismo subisce mutazioni, supera la stazione di casa e diventa gita, visita di piacere in altra città.
Pochi minuti dopo le 22. L’ultimo treno del rientro. Buio in stazione. Diverso dal solito il paesaggio, diversa umanità, stessi problemi: teste sollevate verso i monitor a controllare ritardi dai 40 ai 60 minuti. Il mio treno è addormentato sul binario. Porte chiuse, luci spente. Lentamente si sposta. Spunta la testa del macchinista a controllare la manovra. Si ferma, non apre. Il display segna un cambio di binario: stesso marciapiede, poco male. Borbottii, tensione. Un uomo litiga col capo treno. L’altoparlante annuncia un regionale in partenza con ritardo di un’ora, stessa mia direzione. Corsa nel sottopassaggio,risalita tre binari più in là, tuffo nella porta aperta. Il capo treno annuncia la partenza, i passeggeri esultano felici. Il treno si muove. Soli due minuti di ritardo per me, 55 per gli alri viaggiatori. “Investìmento sui binari”… Il convoglio procede a singhiozzi. Si arresta e riparte più volte. Precedenze da dare, ingorghi sulla linea. Il buio oltre i finestrini inghiotte la periferia, la campagna, le stade. Solo luci lontane e indefinite. All’annuncio dell’arrivo in stazione i passeggeri schizzano in piedi come unico corpo viaggiante, si accodano nei corridoi, ma ancora, fuori, domina il buio, non c’è l’insegna dell’ipermercato, limite del viaggio, segnale di prossima discesa. Mancano ancora minuti all’arrivo, ma l’ansia da ritardo tiene tutti in piedi. Poi la stazione, il sottopassaggio in branco, verso il parcheggio sul retro, semi deserto. Ancora strada buia nella campagna, verso casa, in macchina. È quasi mezzanotte quando infilo la chiave nella “toppa”, ma la luce è ancora accesa.
E domattina si torna a viaggiare, con altre genti e altri movimenti.
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chi è salito sul treno
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Per un attimo, mi è parso di riprovare le stesse sensazioni provate nelle letture di Jean Claude Izzo.
Certo, quella era Marsiglia, e le strade erano più dure.
Un treno in ritardo di notte, però, diviene suggestivo e, leggerlo dalla tua penna, riporta a quella sensazione onirica di stanchezza umida che non va più via.
Plauso alle righe.
Merito alla tela.
Jill scott – the fact is
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Stanchezza umida è “esatto”. Grazie Vagone
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Mi rendo conto che in larga misura sia questione di abitudine e forse anche di stazioni, il pensiero di ritrovarmi in Centrale a Milano in piena notte da sola mi metterebbe un certo disagio, soprattutto al di fuori, nelle vie vicine dove solitamente si parcheggia l’auto e si aggirano personaggi poco rassicuranti…
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Credo sia così in tutte le stazioni. Quella di Bologna, qui protagonista, è ancora un brulichio di vita alle 22, ma certo bisogna fare attenzione
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“Un brulichio di vita” 😊
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C’è un sacco di gente ancora a quell’ora
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Si è vero.
Mi è piaciuto un sacco il tuo racconto, immagini evocative scritte magistralmente.
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Grazie Fox… Cola 🙂
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Quasi mezzanotte quando arrivi a casa? Due ore e mezzo dai saluti? La prossima volta si fotta il treno e avanzi l’auto, che ci regala un’ora e mezza di tempo. Sgrunt!
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Sarà fatto! L’unica differenza è che in treno dormo 🙂 Un briciolo di energie in più e macchina sia
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ah ma vi conoscete!
(sì, lo so, effettivamente non c’era ragione del contrario…)
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Ci hai scoperte 🙂
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🙂
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investimento sui binari… fa sempre tristezza..
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Una botta ogni volta che lo sento
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Anch’io avrei timore di viaggiare di notte, credo di non averlo mai fatto…e in generale non mi piace girare di notte da sola, neanche sugli autobus.
Brava tu a scrivere e a far vedere ai tuoi lettori con i tuoi compagni di viaggio.
Un bacione!
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I viaggi notturni non mi hanno mai spaventata, ma negli ultimi anno sono più attenta… sarà segno dell’età!
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Uff che frustrazione i ritardi anche nel weekend e il pensiero di tornare a casa e dover uscire per riprendere un altro treno poche ore dopo. Ma noi siamo #pendolarizen e possiamo farcela comunque! 😉
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Ci abbiamo fatto il callo 😉
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Scritto da dio, mi son visto in treno anch’io: a condividere buio e luci vicine e lontane, attese, scatti e ansie.
Considerazione ultima, ma non seconda: la guerra è finita da settant’anni, e si viaggia ancora come al tempo dei bombardamenti?
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Grazie Guido. La luce dentro al treno c’è, ci mancherebbe. E’ che il buio esterno ti fa galleggiare nel nulla ed è un’esperienza )bella o brutta lo lascio decidere ad ognuno)
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Ogni giorno è un nuovo viaggio!
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Vero. Sempre uguale, sempre diverso
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Tornare a casa a mezzanotte e trovare la luce ancora accesa è decisamente una buona cosa… Una descrizione secca, nitida, coinvolgente, e la frase di chiusura non si capisce (e ciò è bene, di sicuro) se sia un rassegnarsi alla routine o un guardare speranzosi verso l’ignoto…
Insomma, mente e sguardo acuti, ma che te lo dico a fare, lo sai già…
Saluti e ogni bene
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La luce accesa al rientro è un’ottima cosa, sì, tanto da annotarla e la frase fonale è aperta all’interpretazione di chi la legge. Per me ha valore positivo. Grazie Ivano. Belle parole mi hai regalato
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Sono contento che per te abbia un valore positivo, un po’ me l’aspettavo.
Le belle parole te le meriti, punto.
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🙂
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