Philip Marlowe era il suo eroe dell’infanzia. Almeno era quello che dichiarava a chi lo vedeva, ragazzino, divorare i noir di Raymond Chandler a scapito della raccolta dei vuoti delle bottiglie per ricavarne spiccioli, degli scambi di figurine, delle biglie e persino delle partite di pallone giù in strada. Rinunciava all’Italia degli anni sessanta per gli States degli anni trenta. Barattava una miseria reale con una lontana, diversa dalla propria, attraente, romantica persino. S’immergeva in quelle atmosfere fumose e alcoliche, fatte di dark ladies, poliziotti corrotti, arroganti ricchi signori e sognava, s’immedesimava, osava ribellarsi ai tanti “più” di lui. Ma non era Marlowe il suo modello. Non aveva nessun interesse a difendere umiliati e offesi. Se doveva vivere un immaginario soddisfacente lo voleva spietatamente gratificante. I killer lo facevano palpitare. Quei ceffi senza scrupoli che se ne infischiavano delle regole e obbedivano solo a sé stessi. Quei meschini figuri con facce sgraziate, come la sua. I Peter Lorre dello schermo, che infilavano guanti neri di pelle ad annunciare un delitto, un’effrazione, un pestaggio, in un gesto drammatico, sottolineato da musiche e penombre di tensioni mozzafiato. Quell’allargare le dita all’eccesso a sistemarle nel guanto e poi stringere il pugno in minaccioso intento colto e riflesso nel viso terrorizzato della vittima di turno. In quei momenti lui di sentiva vendicato di grandi e piccole angherie e umiliazioni di ragazzino di modesta famiglia di una qualsiasi periferia urbana. Ma poi sapeva che sarebbe giunto l’epilogo che avrebbe punito il malfattore nel peggiore dei modi e non gli dispiaceva, anzi, lo aspettava, lo desiderava come giusta punizione, la vittoria del bene sul male che lui era un bravo figlio, un bravo scolaro e sarebbe diventato un brav’uomo, rispettoso di leggi e regole morali e civili, persino condominiali. Solo, ancora oggi non rinunciava ai guanti di pelle nera e li indossava con l’emozione del segreto significato che lui solo conosceva e non poteva fare a meno, dopo averli infilati, di allargare all’eccesso le dita e poi stringere il pugno che nemmeno da lontano, però, pareva minaccioso.
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Il mistero dei guanti neri …
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un titolo da triller 🙂
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Può esser uno spunto…
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Può essere 🙂
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Valigetta di cuoio, cappello di lana scozzese, guanti di pelle, posa composta… c’è un che di britannico in questo viaggiatore… quanto basta per stuzzicare la fantasia! 🙂
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Infatti ha stuzzicato 🙂 Purtroppo si era tolto il cappello che gli dava un’aria davvero curiosa
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Capisco lo scompartimento vuoto …
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ha ha ha… C’è sempre un motivo, vedi?!
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Visrto in foto non sembrerebbe minaccioso, dal vivo magari i guanti inquietano… ma chissà soprattutto se qualcuno dei tuoi ispiratori ignari si è mai letto nei tuoi racconti 😉
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Non era minaccioso infatti, solo insisteva a tenere quei guanti, nonostante il riscaldamento funzionante e mi sono chiesta il perché… Sarei molto felice che qualcuno si riconoscesse in un mio post… non so se lo sarebbe anche quel qualcuno 🙂
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