“In quel tempo (1268) nell’ultimo giorno di aprile fu collocata la Buonissima, come statua di marmo nella piazza della città di Modena, davanti all’ufficio delle bollette (o della Bona Stima)”.
[Cronaca trecentesca di Modena di Bonifazio da Morano]
“Mi scusi, mi sa dire dove trovo la statua della Buona Estima?” La donna se ne sta al centro di Piazza Grande, con una guida turistica in mano. La osservo da un po’ aggirarsi sui ciottoli della piazza, stupita di non trovarvi quel che cerca. Alla mia espressione interrogativa spiega che la sua guida dice che “la Bonissima è la figura femminile garante simbolica dell’onestà delle misure, ossia la personificazione dell’ufficio della Bollette o della Buona Estima e che era allocata su quattro colonnine su cui erano incise le misure modenesi”. Allocata? Ma dove l’ha comprata ‘sta guida? “Guardi, signora, lasci perdere la guida, la Bonissima era una nobildonna che in un periodo di carestia ha sfamato il popolo, anche se mia nonna giura che si tratti di una fruttivendola e mia zia mi assicura che sia Matilde di Canossa in persona. Comunque non la troverà mai se non alza il naso da terra. Ecco, guardi, è là, a due metri sopra la sua testa, nell’angolo del Palazzo Comunale con via Castellaro”.
L’accompagno. Non poco sorpresa la donna si avvicina alla statua di calcare, guardandola, com’è ovvio, dal basso. Non fa mistero del suo stupore e mi dice che non la immaginava così piccola, dato che la sua guida la cita come una dei simboli della città. “E questa volta, signora mia, ci ha azzeccato! Qui da noi la Bonissima è così famosa che col suo nome si apostrofano le persone molto conosciute”. Ma la donna non si da pace, la semplicità della piccola statua non la persuade, il suo abito medievale è troppo poco appariscente, la sua capigliatura troppo modesta e cerca la lunga treccia che non vede. E non la vede perché scende lungo la schiena, deve salire al primo piano del palazzo di fronte e affacciarsi dalla finestra per ammirarla. Non ancora convinta la donna insiste: “La mia guida dice che reggeva una bilancia”. Reggeva! Una volta, reggeva, ora non più. La sua guida lascia un po’ a desiderare, però se osserva bene nella mano sinistra tiene un melograno. “Guardi signora che la Bonissima è un’istituzione: ogni anno si tiene a Modena il festival del gusto e dei prodotti tipici a lei dedicato e anche dato il suo nome ad un’osteria. Ma quella non molla, insiste nel sostenere che la statua di cui parla ha più di ottocento anni e che deve essere senz’altro peggio conservata. Forse dalle sue parti le statue le prendono a sassate, oppure l’arte del restauro non vi è ancora approdata. “Ma come signora, la sua guida non le dice che probabilmente è stata scolpita dallo stesso autore delle Metope del Duomo e quelle, come vede, sono ancora intatte”. Lancio un’affettuosa occhiata alla piccola statua, quasi a scusarmi dell’irriverenza di quella forestiera che, mentre mi allontano, sta ancora col naso in su e penso a un altro detto modenese che apostrofa come Bonissima le donne pettegole e ficcanaso, perché tutto guardano e tutto vedono, proprio come lei, che da lassù domina la piazza ma non racconta a nessuno ciò che scorge.
Fotografia di Filippo Maria Fabbri
Cartaresistente ha chiuso a gennaio 2018 e tutti i contenuti sono stati eliminati. Una perdita per molti visto la qualità degli scritti e delle immagini e le collaborazioni più o meno illustri che avevano fatto di Cartaresistene un punto di aggregazione per molti blogger. Ringrazio Nando e Davide per avermi accolta tra i loro autori e ripropongo qui i miei scritti perché conservarne memoria.
non è che per caso non capiva perché lei cercava la “bònissima” e tu le hai fatto vedere la “bónitzima”? 😛 😀 😀
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(eddai, metti l’audio a qualche tuo post prima o poi…)
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Lo farò prima o poi 😉
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Mi sa che qui si fa dell’ironia sulla pronuncia modenese 😀
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“Nella botte piccola…” chissà, forse vale anche per certe statue 😉
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Io ho sempre amato le miniature 😉
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