Immaginate di essere una bella donna che nonostante i suoi 75 anni, se ne sta completamente nuda a sorreggere su una spalla un fascio di spighe. Immaginate che da queste spighe fuoriesca acqua, la mia acqua e di schiacciare sotto i piedi, un grosso rospo, che a noi donne mica sono simpatici i rospi. Eppure il Graziosi (Giuseppe, di nome) quando mi ha scolpito, non voleva mica farmi dispetto; è solo che se raffiguri il fiume Secchia qualche simbolo legato alle acque lo devi pur mostrare. Così, eccomi qui. Con gli anfibi ai piedi a e la fertilità sulle spalle.
Non crediate però, il Graziosi non mi ha mica fatto sola. Con me c’è un gran bel marcantonio, un mio coetaneo ma con tutti i muscoli al punto giusto e un vigore giovanile da far invidia. Quanto aggraziata sono io, tanto virile è lui, che poi è l’altro. Fiume, intendo. Lui è l’altro fiume modenese: Il Panaro. E ti pare che uno che si chiama Panaro possa ammettere di essere fertile? Macché! Lui minaccia con le sue esondazioni. Dovete vedere come regge l’orcio da cui versa la sua acqua e con che forza tiene il ramo incombente sulle sue spalle muscolose. Voi, dovete vedere, perché io non posso. Ci ha fatto di spalle il Graziosi, non ci guardiamo mica. E se no come faceva a rivolgerci ognuno verso il proprio alveo? Ecco, riuscite ad immaginate di essere l’immagine della fertilità per 75 anni e di non avere nemmeno il piacere di guardare il bel fusto che avete alle spalle?
Le nostre acque, quelle sì che si vedono, s’incontrano, si mescolano nelle grandi vasche degradanti. Che splendore, di notte, illuminati! E forse è questo gioco di luci o questa mescolanza di ribollente, giovanile vitalità che ha fatto di noi il centro dei festeggiamenti cittadini. Non ricordo quando è iniziato, ma state certi che ad ogni vittoria di campionato locale o nazionale, da ogni punto della città, come in un tacito appuntamento, le auto chiassosamente percorrono i viali che furono le mura cittadine, fino a raggiungere la grande aiuola spartitraffico di Largo Garibaldi in cui sorge la nostra fontana, totem di pietra, fulcro di una vorticosa danza tribale. È una festa di bandiere e schiamazzi, braccia e suoni, corpi e voci. I più temerari si gettano nelle vasche, in un festoso bagno. È come se in un momento di gioia collettiva, i modenesi tornassero alle loro origini, a quei fiumi da cui è nata la città. Tornassero a noi. E allora non mi pesa più la mia solitudine.
Foto di Filippo Maria Fabbri
Cartaresistente ha chiuso a gennaio 2018 e tutti i contenuti sono stati eliminati. Una perdita per molti visto la qualità degli scritti e delle immagini e le collaborazioni più o meno illustri che avevano fatto di Cartaresistene un punto di aggregazione per molti blogger. Ringrazio Nando e Davide per avermi accolta tra i loro autori e ripropongo qui i miei scritti perché conservarne memoria.
In questo post c’è tutta l’atmosfera che si respira intorno a questa fontana, l’atmosfera di piazza, di solitudine notturna e di chiacchiericcio diurno. Belli sempre i tuoi post su Modena, non stanca rileggerli!
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Grazie Viv. Li ho scritti col cuore
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Ma quindi la chiamate “la” secchia o “il” secchia?
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in italiano IL in dialetto anche LA
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Bellissima Modena, in ogni suo angolo, in ogni suo particolare…
Ho visto che hai aperto una pagina dedicata al treno nella musica. Dalle mie parti c’è un gruppo che si chiama “Trenincorsa”: non so perché si chiamino così, magari tu puoi indagare…
Buona giornata 🙂
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Sei stata a Modena? Sì, avevo per un po’ pubblicato brani italiani che parlavano del treno. Grazie della segnalazione. Indagherò 🙂
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La solitudine della statua. Ecco un ramo che la psichiatria non ha ancora contemplato.
(Si vede che sei di Modena e che eri brava a scuola a fare i temi. Attenta che Google registra tutto)
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Veramente a scuola ero una frana, non ne avevo per nulla voglia, almeno fin dopo le medie, ma sei effettivamente perspicace nel notare che sono di Modena ;), anche se da tanto abito in provincia
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