Giuseppe

goldfishAd un invito a cena non si arriva mai a mani vuote, così insegna il galateo e quelli, la coppia di amici, si presentano con una scatola infiocchettata e dribblando la piccola di casa si chiudono in cucina ad armeggiare tra brusii e tintinni incomprensibili. Con curiosità crescente, noi, la famiglia, ci compattiamo in attesa in un unico gruppo scultoreo: padre-madre-figlia. La porta della cucina finalmente si riapre e loro, gli amici, ricompaiono raggianti reggendo un arzillo pescerosso in una boccia di vetro. Vivo, il pesce.

La mia piccola caccia un urlo di gioia, io di sgomento, mio marito balbetta. Noi, i genitori, allergici da sempre ad acquari di ogni sorta, ci tatuiamo sorrisi di circostanza su facce pallide per carenza di circolazione, lei, la figlia, battezza entusiasta il nuovo venuto con l’improbabile nome ittico di Giuseppe.

Gli amici, fastidiosamente gongolanti, ispezionano la casa in cerca della sistemazione ideale per il piccolo intruso che, essendo pesce, già puzza prima dei proverbiali tre giorni. Inutilmente suggerisco il tavolino basso, dove il micio domestico avrà buon gioco, ma quelli optano per un piano rialzato dove rimaniamo tutti a rimirarlo. Giuseppe nuota ostinatamente in tondo, con poche deviazioni estrose e ad ogni giro riemerge in me un sopito trauma infantile originato dai suicidi degli innumerevoli pescirossi vinti al luna park, che immancabilmente si tuffavano fuori dai vasi, lasciandomi in dolorosa prostrazione. Intenzionata ad evitare alla mia piccola la stessa esperienza, l’avverto che Giuseppe è solo di passaggio nella sua migrazione verso i caldi mari tropicali che gli hanno dato i natali e per i quali si strugge di nostalgia. Loro, gli invitati, sghignazzando recuperano prontamente da YouTube musica Hawaiana, tutta ukulele, da Tiki bar che demolisce irrimediabilmente ogni possibilità di riuscita della serata che comunque procede sino all’ultima portata della cena, a base di pesce, che la piccola si rifiuta di mangiare.
Prima di andarsene, esiliati per sempre a loro insaputa, gli ex amici ci istruiscono con dovizia sulle esigenze alimentari di Giuseppe e sulla pulizia della sua boccia che risulta tanto laboriosa da augurargli sinceramente e tacitamente di smarrirsi nel rientro tra le nebbie padane, non per molto, giusto il tempo di un attacco di panico.

Dal giorno dopo nutriamo il pesce con abbondante generosità, ma ci accorgiamo presto che i suoi escrementi sono direttamente proporzionali al cibo offerto, situazione riassunta efficacemente dal consorte: “Questo pesce caga come un orso!”. Il suo regime alimentare subisce così una drastica riduzione, tanto che nel silenzio della sera la bestiola cozza contro al vetro chiedendo cibo. Nonostante questo pare non abbia pulsioni suicide e gode di ottima salute, forte degli anticorpi prodotti nel malsano ambiente della sua acqua sporca. Convinti che una pulizia settimanale della boccia sia più che sufficiente, spesso ce ne dimentichiamo finché la bestiola non scompare alla vista nell’acqua torbida. Solo allora impietositi, o per decenza, saniamo il suo habitat provocando danze vorticose da overdose di ossigeno. Ma col tempo Giuseppe non ha retto alle leggi della chimica e il cloro dell’acquedotto lo ha scolorito a tal punto che ora siamo gli orgogliosi possessori dell’unico pescerosso arancione. Nel dubbio che possa soffrirne lo abbiamo disintossicato con acqua distillata.

Nel frattempo la coppia di amici, che non si è smarrita nel rientro di allora, né in quelli successivi, ha messo al mondo un erede riempiendoci di sadica e vendicativa gioia. Scartata per bontà l’idea di regalargli un pappagallo, ad ogni cena a casa loro inondiamo il loro piccolo di ogni sorta di sonaglio, giocattolo musicale, a percussione o campanelli e così sarà finché Giuseppe abiterà con noi.

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Questo racconto partecipa all’Eds arancione del grande cocomero della multicolore La Donna Camel.
Ecco le regole da lei dettate:
Scrivi un racconto sincero
coloralo di arancione nel tuo blog
mettici uno scherzetto divertentema
anche una canzone tropicaleche
dentro ci sia almeno un animale
un po’ di umorismo se puoi ese ti piace,
Se no pazienza e pace
In compagnia di:

Informazioni su Pendolante

Pendolo dal 14 dicembre 2004. Per fare 43 km mi accontento di un’ora e tre mezzi di trasporto. Sono e faccio molte cose, ma qui sono solo una Pendolate. (Photos by Filippo Maria Fabbri)
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45 risposte a Giuseppe

  1. ilgattosyl ha detto:

    racconto carinissimo. Caga come un orso merita una menzione speciale 🙂

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  2. stravagaria ha detto:

    Stupendo racconto che, viste le regole di sincerità, mi pare attesti l’esistenza di Giuseppe e la necessità di completare i doni sonori con xilofono e batteria! 😀

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  3. Hombre ha detto:

    Per la vendetta completa suggerisco il teatrino delle marionette.
    E a Beppe mando un saluto, seppur muto.

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  4. la donna camèl ha detto:

    Con la cattiveria dai il meglio di te, adorabile! 😀

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  5. Miss Fletcher ha detto:

    Splendido racconto, certo che regalare animali senza dirlo primo mi sembra un’indelicatezza non da poco…però Giuseppe mi è simpatico, lui ce la mette tutta dai 😉
    Comunque come dice Viv vai di batteria, suggerisco anche dei bonghi, che ne dici?

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  6. lillina ha detto:

    Ma che brava!
    Si fa per dire, basta che stai lontana dei pesciolini.

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  7. Melusina ha detto:

    È qui che si firma per la liberazione dei pesci dagli acquari? Fuori tutti i pesci da tutti gli acquari! :*

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  8. the quiet man ha detto:

    Mi hai fatto venire una splendida idea per il regalo di Natale della piccola.

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  9. roceresale ha detto:

    Fantastico! E poi per l’arancione ho predilezione.

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  10. bello bello bello. uno dei tuoi racconti più belli che ho letto, con alcune perle stilistiche ed immagini degne di menzione speciale, a cominciare dal gruppo scultoreo di fronte alla cucina, passando per l’ukulele fino alla (ineguagliabile) sadica e vendicativa gioia.

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  11. Calikanto ha detto:

    Bellissimo! Strabrava!

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  12. dorotea ha detto:

    Mi fai tornare in mente che per il mio ultimo video, ho ospitato in un secchione venti pesci rossi. Non so per quale motivo, durante la notte era tutto un boccheggiare a fior d’acqua. Mi dava una sensazione di disgusto incredibile.
    Poi al di là di tutto, io non vado d’accordo con l’idea degli animali domestici. E non dimentichiamo che il mio unico affezionatissimo animaletto d’infanzia è stato un pesce rosso di quattro anni.
    Quindi. Ben gli stanno i sonagli a questi amici! 😀

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    • Pendolante ha detto:

      Non sono contraria agli animali domestici, ma sono scelte che devono essere fatte in base alla possibilità e capacità di accudirli e farli star bene.

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      • dorotea ha detto:

        Ecco, questo prima di tutto.
        Poi c’è il fatto correlato di rispettare la natura dell’animale che si sceglie e di non modificarla rispetto alle esigenze della casa. Conosco un cane che è stato educato come un gatto per esempio.
        (in questo senso sono “contraria”: a un concetto deviato del “domestico”)

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  13. Veronica Adriani ha detto:

    Bello! E poi ho sempre odiato i pesci rossi (niente di personale, solo mi annoiano). Approvo la mozione sonagli e batterie: la vendetta è un piatto che va servito rumorosamente.

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  14. marcell_o ha detto:

    bello, mi piace assai la vendetta a base di sonagli (non serpenti), solo sonagli

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  15. singlemama ha detto:

    ma dai. anche il mio pesce rosso era scolorito!!! …
    mi hai riportato ricordi sopiti… grazie!

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  16. Pingback: La torta di amarene | Tratto d'unione

  17. Pendolante ha detto:

    L’ha ribloggato su Pendolantee ha commentato:

    Il pesce Giuseppe ci ha lasciarti. In memoria ripubblico un racconto a lui dedicato.

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  18. Spartaco Mencaroni ha detto:

    Però è durato, ‘sto tipo 😀

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  19. Lisa Agosti ha detto:

    Che bellissima storia! Haha divertente e sentita. Mi è proprio piaciuta. Ti consiglio di regalare ai tuoi amici la batteria dei piccoli, completa di grancassa e piatti 🙂

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  20. Elena ha detto:

    Bellissimo questo racconto!

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  21. tiptoetoyourroom ha detto:

    Che storia fantastica! Credo di aver riso ad ogni riga o ad ogni parola. Mi hai ricordato le mie sensazioni di bambina di fronte ad un regalo di compleanno per nulla gradito, su cui per altro meditavo proprio ieri sera di scrivere un post: un maledetto pulcino che non era neanche incartato e così non ho avuto nemmeno il gusto di aprirlo quel regalo puzzolente! Inoltre mi è venuta in mente una scena del film “Il riccio” – non so se l’hai visto – in cui la protagonista, una ragazzina di undici anni, somministra al pesce rosso della sorella degli psicofarmaci e lo ritrova galleggiante il giorno seguente. Alla fine del film il pesce tornerà a galla ma da tutt’altra parte…

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